martedì 16 aprile 2013

Immaginare un Nuovo Mondo



Dovremmo iniziare a pensare un Nuovo Mondo.
Bisogna riorganizzare tutto quello che l’uomo ha scoperto e conosciuto in migliaia di anni di storia. 
Si devono lasciar morire tutte le dottrine politiche e/o economiche che suonano ormai obsolete. Senza nostalgia; con una presa di coscienza finalmente seria. 
Abbandonare quindi l’idea di comunismo. E, sebbene oggi pare essere ancora il suo turno, anche quella di capitalismo. L'uomo non può continuare a modellare i suoi pensieri su questi sistemi socio-economici fallimentari; non può convivere con l'illusione e la speranza che, grazie a essi, si possa costruire, finalmente, una società più giusta. Perderebbe (e infatti continua a perdere) dal principio.
Probabilmente, al di là di queste dottrine, esistono territori inesplorati dai pensieri; Verità a un passo da noi che attendono da secoli il loro momento. 
Ancora una volta, le parole, in questo caso quelle che spiegano il comunismo e il capitalismo e che ne determinano poi la loro applicazione concreta, risultano essere la prigione delle potenzialità della nostra mente di immaginare congetture più complesse (o forse meno complesse) e di tendere a un’altra possibile costruzione del mondo.

Quello che dovremmo fare è pensare che l’uomo non è fatto per lavorare soltanto. Anzi. Non è fatto assolutamente per lavorare. 
In principio il lavoro era lo strumento che l’uomo aveva a disposizione per sfamarsi, coprirsi ed essere, a suo modo, “felice”. Oggi, il concetto di felicità, pare invece corrispondere sempre più all’identificazione in un Brand: siamo felici non più quando ci sfamiamo ma quando ci sentiamo parte di un immaginario condiviso da altre persone che, ad esempio, hanno in comune con noi la stessa passione per una marca particolare di cellulare. Ci sentiamo realizzati solo quando sfoggiamo la griffe di una multinazionale sugli indumenti che mettiamo addosso. Lavorare per questo tipo di felicità è un lavorare a vuoto; lavorare per qualcosa che non esiste. In verità, per vivere, non ci serve altro che una casa, un orto e la presenza delle poche persone che amiamo.
Il Mondo al quale siamo rilegati è una menzogna. E’ il frutto di un’incomprensibile voglia dell’uomo di autodistruggersi.

Abbandonare le dottrine politiche che negli ultimi 150 anni hanno alimentato le nostre anime quindi; ma a favore di cosa? In cosa dobbiamo credere? A quale utopia dobbiamo tendere? Su quali questioni dobbiamo interrogarci?
Sicuramente su noi stessi! Il punto cruciale di questo Nuovo Mondo deve essere l’Uomo; il suo vivere in armonia col resto della natura senza relegare la sua vita al solo lavoro.
L’espansione tecnologica non porta direttamente alla felicità. Migliora assolutamente il quotidiano. Non c’è dubbio. Lungi da me schierarmi contro lo sviluppo e la tecnica. Quello che dovremmo domandarci però è: “cosa stiamo sacrificando a favore di tutto questo?”; “esiste una connessione diretta fra felicità e progresso?”.


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