mercoledì 18 maggio 2011

Miracolo a Milano

Dal film "Miracolo a Milano" di V. De Sica.
Miracolo a Milano, dunque! Ma anche miracolo a Napoli. Ho chiesto a Pablo se sentisse quest’aria di cambiamento, di “rivoluzione”. S’è fatto una grassa risata. Pablo non vota più da molti anni. Quando me l’ha detto, l’ho rimproverato. Lui mi ha spiegato che, dal mio punto di vista, faccio bene a rimproverarlo e mi ha fatto capire che ne ha le palle piene. A ottantacinque anni gli basta quello che ha. Un discorso fottutamente egoistico, ma che non fa una piega. Chiunque andasse al potere non gli toglierebbe il suo divano, i libri che ama, il piacere di mangiare. Ho la sensazione che le cose vadano proprio così: più giovane sei e più sei disposto a perdere quello che hai guadagnato, o che non hai guadagnato, ma che comunque hai; questo anche perché hai la consapevolezza di avere una vita avanti. Allora combatti, litighi, lotti. Fai lo sciopero, perdi il lavoro, se sei a scuola vieni bocciato. Invecchiando certe cose non te le puoi più permettere. Avremmo dovuto accorgercene  già dalla prime assemblee di istituto che le cose non sarebbero mai cambiate. Credo che più gli anni passino e più si maturino idee forse sempre meno comunicabili all’altro. Le parole divengono sempre più morte, incapaci di rappresentare concetti sempre più complessi. L’unico desiderio è preservare le poche persone e i pochi oggetti a cui teniamo. La famiglia diviene così la prima cosa che tentiamo di difendere dagli attacchi esterni e il primo cerchio all’interno del quale ci stringiamo. In casi estremi questo cerchio si restringe solo a noi stessi; e Pablo è solo, col suo divano, i suoi libri, e qualche volta ci sono io.

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