Friedrich, Viandante sul mare di nebbia. |
C’è sempre qualcosa da dire. Ci deve essere per forza. Se non c’è niente da dire significa che non c’è mai stato niente di vissuto, di capito. E non è possibile.
Vorrei che, per un momento, tutto quello che mi passa per la testa, senza inibizioni, artifizi o sintattica precostituita, venisse giù come un temporale inaspettato; vorrei che me stesso, il mio animo, si manifestasse interamente nel medesimo discorso e andasse ad accomodarsi indispensabilmente e necessariamente accanto a un tutt’uno più grande dove ci sono “tutte le cose da dire”. Ma quello che vogliamo dire non si può dire. Possiamo inventare nuove parole, ma questo non significa certo dire qualcosa.
Un errore comune è quello di credere di riuscire, con le parole, a domare il pensiero. Una delle cose che ti dicono gli psicologi è: “dai delle belle parole al racconto dei tuoi giorni”. Ragionando in questo modo riusciamo addirittura a confondere i nostri fallimenti con le nostre soddisfazioni. E mica è poco.
Ma dicevamo, qualcosa da dire c’è sempre. Ma cosa? Come fare a capire dove sono le risposte, come fare a individuare le domande?
Il lavoro, ad esempio, non dovrebbe esistere. Col cazzo che nobilita l’uomo.
L’unica forma di lavoro ammessa dovrebbe essere quella necessaria per l’evoluzione. Direte: “ma il fine del lavorare è proprio quello: costruire oggetti, garantire servizi; è approcciare, appunto, a un tipo di evoluzione!”. Non è vero. Ciò che io voglio intendere è una questione di spirito. Bisognerebbe lavorare con lo spirito giusto. Ergo: in un mondo ideale ognuno di noi farebbe quello per cui è destinato. Come tutto quello che è presente in natura. Il problema è che noi, un po’ presuntuosamente, ci escludiamo dalla categoria “natura”. Usualmente ragioniamo così: “esiste la natura e poi esistiamo noi”. Ci sentiamo più forti, più intelligenti e solo perché diciamo di avere qualcosa in più del solo istinto. “Mica siamo Cani?”. Ecco appunto. Noi crediamo di parlare perché pensiamo, o di pensare perché parliamo. Ma in verità non c’è nessuna parola da dire perché tutta la verità del mondo è intrappolata lì, fra quel che dico e quello che credo di aver detto e non ci sarà mai nessuna parola o frase che potrà comunicarlo.