mercoledì 17 ottobre 2012

Le nostre paure sono sempre fondate



Pablo può testimoniare che questo sogno gliel’ho raccontato appena tre giorni fa.
Siamo in macchina, all'imbrunire. Tutti e quattro: Nicola, Antonio, Marco ed io. Gli Onirica al completo come erano al completo fino a nemmeno un paio di anni fa. Ci troviamo a Napoli, all’altezza credo di Salvator Rosa. Antonio guida, forse Nicola è davanti con lui; Marco ed io siamo seduti sui sedili posteriori.
Non credo comunque di ricordare precisamente questa cosa. Chiacchieriamo e, come sempre, con i nostri discorsi manifestiamo il nostro essere un po’ seri e un po’ cazzari.  
Ad un certo punto vedo una macchina virare contro di noi; accelera forte, sgomma e spara all’impazzata. Penso che è la fine e non riesco a capire come mai quei colpi, che vi giuro vedevo partire e venire verso di noi in nome di tutto il male del mondo, non ci abbiano già feriti o ammazzati.
Io Inizio quindi ad urlare: “stai giù, stai giù!”. Ovviamente non come fanno nei films ma nel più sguaiato dialetto napoletano. Urlo forte, più forte di quelle che sono le mie possibilità. Ve lo giuro, e Pablo può dirvi con quale faccia gli raccontavo della cosa, un grido di terrore che forse mai avevo dato nella mia vita, potente come solo un uomo che guarda in faccia la morte può dare.
Poi mi sono svegliato. Anzi, mi sono salvato.

Questo sogno (ma direi incubo) e la storia del ragazzo di Cardito ammazzato, al momento pare per errore in quello che doveva essere un agguato camorristico, sono due eventi che non serve tanta fantasia per vederli in qualche modo inscindibili l’uno dall’altro. In pochi giorni ho avuto il palesarsi, attraverso l'inconscio, di una mia paura e, leggendo i giornali,
la conferma della sua relativa legittimità.
Ne ho tratto così una teoria generale: le nostre paure sono sempre fondate.

sabato 13 ottobre 2012

Obbligo o verità?

Una sera siamo a casa di una mia cara amica, amica ancora oggi intendo, e stiamo giocando. Abbiamo quattordici anni, forse tredici, e tanta voglia di capire com'è fatto il mondo.
Ci si siede a cerchio e ognuno, a turno, sceglie liberamente "obbligo" o "verità".
Gli "obblighi" sono tipo delle penitenze (ma per cosa poi?): gli altri decidono cosa devi fare. E tu lo fai.
Scegliendo "verità", invece, sei costretto a rispondere ad una domanda che ti viene posta, dicendo appunto solo la verità.
La prima mezz'ora di gioco, è una fase di studio: gli obblighi sono veramente poca cosa. Zero emozione, zero adrenalina. Marco fa quindi dieci flessioni; Maria, che ha la zeppola in bocca, recita uno scioglilingua e ci fa scompisciare dalle risate. Ma è una farsa. Non stiamo di certo giocando per questo! Siamo seduti in quel cerchio per un unico motivo: abbiamo il naso che ci cola di ormoni. Piano piano arriveremo ai baci, ai baci con la lingua. Lo sappiamo tutti che poi va a finire così. Tutti vogliono arrivare a quello. Però è ancora presto. Allora si fa una pausa: Coca cola, patatine, pipì; poi si riprende. 

Qualcuno ha la brillante idea di dire: "facciamo un giro di solo verità!". Porca miseria! Non gioco più, me ne vado! Non voglio rispondere a nulla. Meglio baciare la più brutta della festa!
"Il giro di solo verità" serve per aizzare un po' il popolo. Può sembrare una proposta molto meno maliziosa dell'imposizione di un qualsiasi obbligo, soprattutto se si parla di baci alla francese. Ma non lo è. Dopo "il giro di solo verità" nulla sarà più come prima. Questa variante cattiva del gioco che, come tutte le cose cattive per davvero, pare meno cattiva di quanto è, riapre ferite rimarginate da tempo, esaspera speranze, rompe gli equilibri della comitiva e a me mette un'ansia esagerata. Certo, si può sempre mentire ma, mai come in quel caso, senti davvero che una bugia non la potresti reggere. Tutto quel cerchio di adolescenti in calore che ti guardano fisso mentre tu stai pensando solo a qual è il modo più conveniente di rispondere, è peggio di uno strizzacervelli. Questi maledetti ragazzacci leggono ogni piccolo dettaglio del tuo volto, interpretano meglio di chiunque altro il tuo linguaggio del corpo e sono pronti aimè a sputtanarti e a prenderti per il culo per ogni minima cosa che fai o che dici. Stronzi. Bisogna stare molto attenti, mantenere la calma. In questo momento vorrei già essere a casa.
Stiamo lì a "giocare" per ore ed ore e alla fine tutti baciano tutti. Che cosa grottesca!
Si baciano tutti tranne due persone: me e te.


Io sono sempre stato innamorato di te. Da quando ti ho vista la prima volta, il primo giorno di scuola, ho subito pensato, certo ingenuamente, credendo ancora in un amore sempre corrisposto, che fossi la ragazza della mia vita. Invece no. La scuola è finita prima ancora che ce ne rendessimo conto e tu ti sei allontanata dalla mia testa, per tornare solo in pochi momenti di malinconia, come si sono allontanate dalla mia testa quasi tutte le amicizie di quell'epoca. Non ti ho più vista. Mai più. Mai più prima di ieri. E, proprio ieri, mentre cercavo di capire se fossi davvero tu in quel treno che ci portava a casa entrambi, pensavo che quel gioco è veramente un gioco del cazzo, anche se all'epoca mi piaceva. Riflettevo poi sul fatto che ancora non mi facevo capace di una cosa: in quel groviglio di lingue, di parole, di mani, mai nessuno mi "obbligò" a baciarti: destino beffardo. La vita è strana, si capiva già da allora.