domenica 24 luglio 2011

Compagno di scuola

Una cosa mi dispiace molto: te ed io non abbiamo quasi mai scambiato una parola. Per tre anni siamo stati nella stessa classe ma non c’è stato modo di farci avvicinare. Oggi a stento ricordo il tuo nome: c'è, ma devo sforzarmi prima di focalizzare e ripeterlo ad alta voce. Altro discorso vale per il cognome; quello lo ricordo, anzi li ricordo tutti. Ce li ho stampati benissimo nella memoria proprio per come venivano elencati prima di iniziare la lezione e difficilmente li dimenticherò.  

Ma come è possibile, invece, che io non riesca a mettere a fuoco un solo discorso fatto con te? Come si spiega che in tre anni io non ti abbia mai rivolto la parola? E’ inaccettabile! E per questo, come dicevo, sono davvero in collera. Mi chiedo: sarà dipeso da me?  Ma non è importante, e ora, comunque non saprei come rimediare. Eravamo lì, nello stesso posto, ogni mattina, alla stessa ora, a fare le stesse cose e mai un caffè assieme, mai una sigaretta in bagno tra l’ora di italiano e quella di elettronica. Ci siamo ignorati per più di mille giorni, ma rispettosamente. Sarà stata una questione di odori. Potrei cercarti, chiederti come te la passi, curiosare nella tua vita come non ho mai fatto, ma resterei sempre troppo indietro. E anche tu. Che ci serva da lezione. Voglio considerarti una occasione sprecata nel bilancio della mia vita.

martedì 12 luglio 2011

I ceci non li volevo

Da piccolo mi sono sempre sentito dire: “mangia! Ai miei tempi io non avevo niente. Ringrazia Iddio”; “Io da bambino i giocattoli me li dovevo costruire”; “il pane è di ieri e non ti piace..? Io mangiavo il pane vecchio di una settimana e mio nonno lo affettava con la sega!”; “eh…quando io ero bambino tanti capricci non si facevano”.
Si! Bravi, eravate tutti dei piccoli Gesù bambino. E magari vostra mamma era anche vergine! 
Allora, se proprio volete saperlo, vi spiego io lo stato attuale delle cose e vi contringerò a pormi le vostre scuse per tutte le affermazioni che ho dovuto sopportare e prendere come "buone" nel corso del tempo.

Sono nato negli anni ottanta, cresciuto nei novanta e diventato uomo in questi famosi anni zero. Da bambino guardavo “Ciao, ciao” la mattina e "Bim-Bum-Bam" il pomeriggio. I films in prima serata iniziavano alle 20 e 30 e Pippo Baudo era molto più giovane.
Venne tangentopoli, venne Capaci. Ed io crescevo. Mi sentivo dire sempre che ero troppo schifettoso perché i ceci non li volevo. Alle soglie del duemila, a ridosso degli anni zero (un decennio da dimenticare a parte l’Italia campione del mondo e alcuni dischi dei Sigur ros), con dieci mila lire in tasca potevi sentirti veramente ricco. Poi è arrivato l’euro, la benzina è triplicata e la vita si è complicata.
Gli anni zero sono finiti. Ma la nostra generazione non esce da una situazione che più buia non si può. Pablo ha confermato quello che io pensavo da tempo: negli anni 50-60 e 70 i giovani erano molto più felici. Anche se non avevano la possibilità di studiare, vedevano prospettiva per la loro vita. Sceglievano Il/la  loro compagno/a e riuscivano a costruirla, certo con sacrificio; prima o poi però, ci si riusciva a fare anche una vacanza di un mese a Lucrino. 
Noi abbiamo avuto le biciclette, i videogiochi, i videoregistratori, la scuola calcio, il lettore cd. Probabilmente il nostro paese si è indebitato per permetterci tutto questo. Ora non abbiamo niente. Siamo laureati (e anche per la laurea ci vogliono sacrifici), informati, esperti di marketing, ingegneri aereospaziali; ma dinanzi a noi il nulla. Non possiamo sposarci, non possiamo avere figli. Viviamo nella costante paura di soccombere. Il vuoto lo riusciamo a intravedere, ed è soprattutto colpa vostra. 
Voi dovevate costruirvi i giocattoli, io devo inventarmi un’esistenza. Quindi smettetela di lamentarvi, chiedetemi scusa e ringraziate Iddio.